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Regolamentare gli affitti brevi prima che sia troppo tardi

urbanit

Più di 7 milioni di annunci totali e circa 100.000 città presenti sulla piattaforma, per un fenomeno globale che ormai comprende quasi ogni paese del mondo. Airbnb, la piattaforma di intermediazione fra domanda ed offerta di alloggi a breve termine, per lo più rivolta al mercato turistico, è sempre più al centro dell’attenzione per gli effetti diretti e indiretti che genera sulle città.

Il fenomeno degli affitti brevi si è trasformato rapidamente e da una maniera smart perchè famiglie e studenti arrotondassero con una stanza a fine mese, è velocemente diventato un articolato mercato dove la fetta più grossa è gestita da società immobiliari e host multi-account. In alcuni casi, l’anfitrione che accoglie gli ospiti è un’agenzia come quella con più di 1000 alloggi in tutta Italia, concentrati fra la Puglia e la Toscana.

L’aumento di stock disponibili su Airbnb non è una problematica circoscritta alla riscossione fiscale, o all’autenticità del sentimento di ospitalità. Anche, ma ciò che maggiormente sta complicando la convivenza tra le piattaforme e chi le città le abita riguarda gli effetti che il dispositivo ha sul mercato degli affitti: poichè i margini di profitto offerti dalla piattaforma sono di gran lunga maggiori rispetto ai normali canoni di locazione, si riduce drasticamente lo stock a disposizione di cittadini e residenti. Ma il processo di attrazione di turisti non si limita agli effetti diretti: importanti ricerche confermano infatti come al trend siano vincolati le più generali dinamiche di turistificazione dei centri città, che investono esercizi commerciali e servizi, i quali, orientandosi sempre più verso le necessità dell’industria turistica omogeneizzano l’offerta a scapito degli abitanti.

Molte città in Europa e nel mondo, in risposta al dilagare del fenomeno degli affitti brevi turistici hanno elaborato strategie di regolamentazione che, seppur diverse fra loro, assolvono il compito di arginare i suoi effetti negativi sul tessuto urbano. In Italia, nonostante gli effetti del deregolamentato mercato delle piattaforme siano ormai evidenti anche a occhio non esperto su città come Roma, Venezia, Milano, Firenze, Bologna e Napoli, le singole amministrazioni locali non sono state in grado di mettere in campo strategie capaci di arginare il fenomeno. Nel frattempo gruppi più o meno organizzati, associazioni di residenti e reti di collettivi hanno fatto sentire le loro voci, tanto che una minima proposta di regolamentazione dell’home-sharing è giunta in parlamento dove è stata affossata da Italia Viva e da alcuni gruppi di pressione di host.

Questo passaggio è estremamente interessante, perchè per la prima volta si rende esplicito il processo costituente del soggetto lobbistico incoraggiato dalla stessa multinazionale statunitense, che solo pochi mesi fa aveva lanciato la campagna 100 case 100 idee, delle vere e proprie primarie tra host per avere una voce nel dibattito politico. Le associazioni di abitanti e i comitati che discutono la turistificazione delle città italiane sono sul piede di guerra: molti hanno firmato e rilanciato il manifesto proposto dalla piattaforma bolognese Pensare Urbano http://www.pensareurbano.it/2020/02/03/appello-per-la-regolamentazione-degli-affitti-brevi-turistici/, ma la regolamentazione degli affitti brevi turistici è rimandata a data da destinarsi.

Basta pensare, per rimanere a Bologna da cui il manifesto è partito, all’improvviso endorsement dell’amministrazione comunale che l’ha declinato ipotizzando il congelamento degli Airbnb nel centro storico felsineo. Una soluzione che finirebbe per fotografare per sempre gli squilibri esistenti spostando la pressione dei flussi sulle prime periferie, come la Bolognina e la Cirenaica, già pesantemente colpite dai progetti di restyling del comune. In altre parole: il problema c’è, ma va risolto con politiche omogenee e condivise tra le parti, inclusi i gruppi che proprio in questi anni sono stati in grado di rendere pubblico e tenere alta l’attenzione sulla questione. E prima che diventi argomento di campagna elettorale.